Ipnosi_Vittoria_Magni


Introduzione
Oggi siamo soliti definire ipnosi un fenomeno che è conosciuto, seppur con altri nomi, sin dalle origini dell’umanità.
La tecnica ipnotica contemporanea è il risultato di una lunga storia che si è sviluppata attraverso la pratica condivisa di migliaia e migliaia di clinici, ricercatori, operatori, spettatori, clienti, curiosi, ecc.
Ma la storia dell’ipnosi e anche la storia dei suoi miti e delle sue leggende. È un racconto fatto di verità scientifiche, ma anche di fantasie, talvolta eccessive e fuorvianti.
È una materia che affascina molto poiché evoca qualcosa di misterioso, di magico, come quando da bambini chiudevamo gli occhi e tutto poteva accadere!
Per qualcuno, invece, rappresenta un qualcosa di inquietante e pericoloso perché è convinto che degli individui posseggano un “fluido magnetico” in grado di soggiogare la volontà delle persone e far compiere loro cose strane, pericolose o vergognose, delle quali non conserverebbero il ricordo.
Purtroppo ancora oggi continuano a persistere concezioni distorte sull’argomento.
Per comprendere la vera natura dell’ipnosi è necessario abbandonare molti dei pregiudizi che l’accompagnano. L’ipnosi non è una disciplina occulta né un fenomeno misterioso durante il quale viene sperimentata una perdita della coscienza o una sottomissione alla volontà dell’ipnotista. Più corretto, invece, è dire che l’ipnosi fa vivere al soggetto un’esperienza immaginaria in cui la mente diviene capace di attingere alle proprie risorse inconsce in virtù di un abbandono volontario, e quindi consapevole, dell’attività razionale e cosciente, senza modificare la personalità, la volontà o i principi morali dell’individuo.
Magia e fluido a parte, cerchiamo quindi di capire qualcosa di più di questo straordinario fenomeno.

Torna su

Cos’è l’ipnosi
L'Ipnosi è un processo naturale durante il quale, un po' come nel momento di addormentarsi o svegliarsi, il fisico e la mente conscia sono in uno stato di rilassamento, mentre la mente inconscia continua a essere presente e ricettiva.
In questo particolare stato di coscienza, durante il quale la persona non perde mai il controllo di sé, è possibile, attraverso le induzioni ipnotiche, procedure con le quali un ipnotista conduce una persona in ipnosi, risvegliare e incrementare quelle capacità e quelle risorse che ciascuno di noi già possiede, anche se a livello inconsapevole, e che, per tutta una serie di ragioni, non riusciamo ad utilizzare. È uno straordinario mezzo per conoscere se stessi e per sviluppare la propria forza interiore e le proprie potenzialità.

Torna su

Come può avvenire tutto ciò?
La cosa fondamentale da sottolineare è che lo stato di distensione fisica e psichica tipica della condizione ipnotica attiva una particolare funzione mentale che, coinvolgendo una particolare zona del cervello (la porzione anteriore dell’ipotalamo) agisce da ricarica energetica e metabolica dell’organismo.
In quest’ottica possiamo quindi definire l’ipnosi una capacità di autoguarigione che ciascuno di noi possiede.
Le applicazioni possibili dell’ipnosi sono tante. Negli ultimi anni viene sempre più utilizzata con buoni risultati in diversi disturbi di natura psicologica e in molte condizioni di carattere medico. È impiegata per intervenire nei disturbi nevrotici (ansia, attacchi di panico, ecc.), nel trattamento delle fobie, nelle diverse dipendenze (alcool, fumo, ecc.), nei disordini alimentari (bulimia, anoressia, ecc.), nelle malattie di origine psicosomatica.
È utilizzata in ostetricia nella preparazione al parto e nel parto indolore, in odontoiatria come analgesico, in dermatologia e, da qualche anno, anche in campo oncologico come strumento di sostegno psicologico e nella eliminazione degli effetti collaterali delle diverse terapie e nella gestione delle diverse emozioni negative. L’ipnosi è applicata, con risultati spesso sorprendenti, nella terapia del dolore.
Può essere di notevole aiuto per migliorare le prestazioni sportive, lavorative, artistiche, scolastiche.
Per capire meglio cosa accade nella realtà pratica, allorché ad un paziente venga proposta la terapia ipnotica, riporto qui di seguito un ipotetico dialogo, con domande, risposte e obiezioni,  tra una persona curiosa e dubbiosa, che vuole sapere, e un terapeuta disponibile a cercare di chiarire e spiegare dubbi e curiosità.
È importante comunque sottolineare che vi sono eventi che possiamo tentare di spiegare, mentre ve ne sono altri che si possono soltanto sperimentare.

Torna su


Domande e risposte (tratto da IPNOSI, Riza Scienze, P. Parietti, nov. 2000)

Cosa succede quando una persona si rivolge ad un terapeuta che cura con l’ipnosi?

 Innanzi tutto dobbiamo chiarire che quando si parla di un “terapeuta” si intende un professionista “abilitato”, sia esso medico o psicologo, che nell’ambito della sua attività psicoterapica può utilizzare anche tecniche ipnotiche.

Quindi non vi sono terapeuti che utilizzano soltanto l’ipnosi?

 Non saprei ma, comunque, non me ne fiderei troppo. Nessun terapeuta che si rispetti può pensare di curare tutti i pazienti usando una sola tecnica. Deve essere infatti in grado di utilizzare la o le tecniche che ritiene più indicate per quello specifico caso.

Chi e con quali criteri può decidere se è opportuna e possibile l’utilizzazione di tecniche ipnotiche?

 La responsabilità di decidere il ricorso alle tecniche ipnotiche è sempre del terapeuta interpellato, con il “consenso informato” del paziente. Questo indipendentemente da chi provenga la proposta di usare l’ipnosi.


Torna su

Quando l’ipnosi

Esistono dei criteri generali o specifici che possano servire da base per un ricorso all’ipnosi?

 Fermo restando quanto prima detto, e ricordando che ogni paziente costituisce un caso particolare e specifico, potremmo dire che il ricorso all’utilizzazione dello “stato/relazione ipnotica” in terapia avviene quando il terapeuta lo ritiene il più indicato per la situazione in atto. Cioè quando presenti vantaggi del tipo, ad esempio, di accelerazione del trattamento, o di possibile miglioramento delle condizioni di vita del paziente.


Torna su

Come si inizia

Ma, una volta che il terapeuta, col consenso informato del paziente, decida di utilizzare l’ipnosi, cosa avviene in pratica?

Viene messa in atto una serie di procedure che sono state suddivise in fasi, definite come “preinduttiva” e  “induttiva”.

E in che cosa consistono queste fasi e che finalità hanno?

Premesso che queste fasi non sono tra loro nettamente distinguibili in quanto si compenetrano una con l’altra, possiamo dire che la fase “preinduttiva” consiste nella utilizzazione di una serie di procedimenti tecnici che permettono di valutare, seppure con una certa approssimazione, sia la “suscettibilità” o “refrattarietà” all’ipnosi sia quali possano essere le tecniche induttive più indicate nella situazione specifica e quali organi e apparati sensoriali (visivo, uditivo, ecc.) possano essere più sensibili agli input induttivi. È opportuno che il ricorso a questa o quell’altra tecnica e l’integrazione tra esse, siano in consonanza tanto con le finalità terapeutiche perseguite, quanto con le caratteristiche della persona.

Fin qui la fase “preinduttiva”; la fase “induttiva”, invece, in che cosa consiste?

Consiste nella messa in atto di una serie di procedure che il terapeuta ritiene siano adatte ad ottenere una condizione di “trance”.

Torna su

Timori e dubbi

Capita che vi siano persone che hanno timore dell’ipnosi?

 Si, soprattutto perché non sono adeguatamente informate in proposito.

E quali sono i timori o i dubbi manifestati più frequentemente dai pazienti?

 Innanzi tutto il timore di perdere il controllo della situazione che a volte viene espresso chiaramente, mentre in altri casi viene mascherato da scoppi di riso, o rivelato da sensazioni di malessere provate durante l’induzione. A volte il conflitto tra il desiderio conscio di sperimentare l’ipnosi e il timore inconscio della stessa può portare il soggetto ad addormentarsi. Altro timore è quello del fallimento in quanto l’ipnosi può essere vissuta come un test di abilità. I dubbi sono in genere dovuti a:
- concezioni errate o distorte di quanto potrà accadere;
- idee confuse su “sonno ipnotico” e “sonno normale”;
- aspettative timorose relative all’”amnesia ipnotica” (“non ricorderò nulla!”);
- idee sbagliate sul rapporto tra intelligenza e ipnotizzabilità;
- convinzioni errate sul ruolo della volontà.

Di fronte a questi timori e a questi dubbi il terapeuta come si comporta?

Cercando di spiegare al paziente in modo semplice, chiaro ed efficace in che cosa consiste l’ipnosi, magari utilizzando una modalità indicata da H. Karle e riferita ad una tecnica induttiva di tipo tradizionale. Karle porta al soggetto l’esempio di quando questi alla sera va a dormire e, posata la testa sul cuscino, sente i suoi occhi diventare sempre più pesanti sino a quando, alla fine, li chiude e continua dicendo:  “…dal momento stesso in cui si addormenta fino a quando si sveglia lei è completamente inconsapevole di ciò che la circonda. Se io venissi nella stanza e le parlassi con calma, senza svegliarla, lei non avvertirebbe la mia presenza e non udrebbe una parola di quello che le dico. Bene, quando entrerà nel “sonno ipnotico” i suoi occhi cominceranno a sentirsi stanchi e pesanti e si chiuderanno esattamente come quando la sera va a dormire. Ma ci sarà una sostanziale differenza: lei non perderà la coscienza nemmeno per un attimo. Rimarrà vigile e sveglio come prima che i suoi occhi si chiudessero. Saprà di essere nella stanza con me e sarà in grado di sentire tutto ciò che le dico. Se le farò una domanda sarà in grado di rispondermi senza svegliarsi dal “sonno ipnotico”. Anche se lei entrasse in uno stato di trance molto profonda, riuscirebbe comunque ad ascoltare quello che le dico, e a rimanere totalmente consapevole di quello che sta accadendo”. A questo punto l’autore dice al paziente che gli mostrerà con esattezza le sensazioni che potrà aspettarsi di provare in ipnosi: “…desidero che lei si appoggi allo schienale della poltrona e che chiuda gli occhi per un momento. Non li apra fino a quando glielo dico. Ascolti solo ciò che le dico. Ora lei è comodamente disteso sulla poltrona con gli occhi chiusi, se qualcuno entrasse nella stanza penserebbe che lei è addormentato. Ma lei sa di non esserlo. Lei è altrettanto sveglio di quanto non lo fosse prima di chiudere gli occhi. Può sentire tutto quello che le dico. Se suonasse il telefono, lo sentirebbe. E se io rispondessi alla chiamata, lei non potrebbe evitare di interessarsi superficialmente a quello che dico…”. Poi l’autore chiede al soggetto di aprire gli occhi e passa a spiegare il senso di quello che ha fatto dicendo: “…indipendentemente dalla profondità dello stato ipnotico che potrà realizzare, lei si sentirà ben poco diverso da come si sentiva prima, ma con una leggera differenza. Se lei entrasse in uno stato di ipnosi profonda, rimarrebbe sempre perfettamente consapevole delle cose che succedono, ma si sentirebbe così distaccato che queste non sembrerebbero riguardarla minimamente. Sentirebbe certo il telefono che suona e ciò che io potrei dire rispondendo, ma tutto questo le sembrerebbe così lontano da non provare il minimo interesse per quello che ascolta…”. A me pare che queste parole possano dare un senso comprensibile agli eventi che si andranno svolgendo durante il lavoro con l’ipnosi.

Torna su

L’induzione ipnotica

Sì, è tutto abbastanza chiaro ma, una volta che il terapeuta ha informato e tranquillizzato il paziente ed ha raccolto tutte le informazioni necessarie, cosa avviene in pratica?

Si passa alla fase propriamente induttiva, cioè alla “induzione ipnotica”, ovvero quel particolare processo attraverso il quale, in seguito alle indicazioni fornite dall’operatore, si va realizzando una progressiva modificazione, in positivo, nella attività mentale del soggetto. Questa interessa soprattutto l’attività percettivo-razionale del soggetto portandolo a recuperare anche quelle modalità più “primitive” di funzionamento, che sono proprie della condizione di trance, ove le rappresentazioni mentali del mondo interiore possono prevalere sui dati percettivi della realtà sensoriale.

 Sono in ipnosi?

Come fa la persona ad avere conferma di essere entrato in ipnosi e qual’è, se esiste, il momento in cui ciò si verifica?

Questa è una bella domanda! E la risposta, forse, non sarà troppo soddisfacente, temo. L’esperienza di “trance” è infatti un’esperienza del tutto soggettiva che il soggetto coinvolto può solo sperimentare su di sé. Non è facile, per chi osserva, sapere con sicurezza se il soggetto si trova realmente in tale “stato”. L’induttore può solamente fare delle inferenze su ciò. Il tutto basandosi sulla osservazione dei comportamenti esterni del soggetto (ipnotizzato) o facendoselo raccontare da questi una volta terminata l’esperienza. Gli unici dati possibili sono infatti le comunicazioni dirette o indirette del soggetto all’operatore. Tutto il resto sono soltanto “congetture”.

Ma non vi sono dei segni esterni che possano indicare che il soggetto è veramente in una condizione di trance?

In realtà ne sono stati identificati alcuni anche se il loro valore appare piuttosto incerto in quanto la cosiddetta “trance” non è qualcosa di statico, di fisso e valutabile in maniera precisa. Questo ci porta anche a ritenere che non sia, forse, possibile individuare con certezza il preciso momento “x” dell’entrata in ipnosi.

Torna su

 
L’approfondimento della trance

Va beh! A questo punto non sappiamo se il soggetto è veramente in “trance”. Ma ipotizziamo che l’operatore prenda per buono quello che il soggetto gli offre, e cioè delle risposte comportamentali adeguate agli input suggestivi ricevuti. Ad esempio, il soggetto appare disteso, rilassato, con gli occhi chiusi e il respiro profondo e regolare, ecc. A questo punto l’operatore cosa fa?

Mette in atto ulteriori strategie che rendano possibile un progressivo avviamento di quei fenomeni che vengono globalmente definiti come “intensificazione” o “approfondimento” della trance.

E in pratica?

Attraverso apposite tecniche l’operatore cerca di incrementare la produttività immaginativa ovvero quella capacità del soggetto di rappresentarsi mentalmente situazioni, oggetti, scene, persone, ecc. che non sono, al momento, nel suo campo percettivo sensoriale. Le rappresentazioni mentali possono interessare tutti gli apparati sensoriali. Ciascuno di noi è in grado di rappresentarsi mentalmente una voce, un suono, una musica, oppure un odore, un sapore, una sensazione di contatto o un movimento effettuato.

Torna su


La terapia

Sino ad ora abbiamo appreso in che modo la trance può venire indotta ed approfondita, ma in che modo tali eventi possono essere utilizzati in terapia?

Questa è una domanda essenziale! Potrei rispondere dicendo che già il vivere l’esperienza dello “stato/relazione ipnotica “ costituisce un primo livello terapeutico costituito da due elementi: il primo dovuto al fatto che una relazione positiva con un terapeuta che è disposto ad accogliere, ascoltare e prendersi cura di una persona e lavorare con lei sui suoi problemi può già essere di giovamento per il paziente. Ciò è comunque alla base di ogni forma di terapia considerata nella sua componente psicodinamica. Il secondo legato al fatto che lo stato di distensione fisica e psichica che caratterizza la condizione ipnotica attiva quella funzione mentale, definita come “trofotropica” che, coinvolgendo la porzione anteriore dell’ipotalamo, agisce da ricarica energetica e metabolica dell’organismo.
Ma tutto questo costituisce solo la base di partenza delle possibilità terapeutiche della terapia ipnotica, unitamente all’attivazione delle capacità di “rappresentazione immaginativa di scenari piacevoli” che portano ad un particolare e positivo funzionamento dell’attività mentale. Un ulteriore livello è costituito dalle “articolazioni immaginative” (creazione di sequenze e storie) focalizzate su determinati obiettivi, sia coinvolgenti il corpo (tecniche analgesiche, riabilitative, ecc.), sia l’attività mentale (diversi disturbi psichici o forme di disagio relazionale e comportamentale).

Bene, sin qui è tutto abbastanza chiaro. Un’altra curiosità: come si sviluppa in pratica una seduta di ipnoterapia?

La seduta terapeutica in cui vengono utilizzate le tecniche ipnotiche si svolge generalmente in tre fasi con tempi diversi in relazione alle specifiche situazioni. Nella fase iniziale dell’incontro (prima fase) si svolge un colloquio tra paziente e terapeuta centrato su aspetti che sono propri della situazione terapeutica specifica e che può anche riguardare se e come il paziente ha elaborato o utilizzato quanto appreso sino a quel momento della terapia. Nella fase centrale della seduta (seconda fase) si passa alla utilizzazione di quelle tecniche ipnotiche che sono ritenute idonee alla situazione specifica in atto, nei modi e con le finalità terapeutiche perseguite. Nella fase finale dell’incontro (terza fase) il soggetto “ipnotizzato” deve essere “de-ipnotizzato” cioè fatto uscire dalla condizione di “trance” in cui si trova. Questo avverrà con modalità molto più semplici e veloci di quelle adottate per realizzare l’induzione. Tuttavia il “segnale di uscita dalla trance” e le procedure adottate per sceglierlo e metterlo in atto non è mai arbitrario, ma va strutturato in relazione alla persona, alla situazione terapeutica e alle tecniche induttive adottate. Mai, comunque, con la maniera selvaggia dello schioccare le dita o degli schiaffetti come si vede fare in televisione.

Beh! Non mi sembra che si tratti di una cosa particolarmente complicata o misteriosa.

Certamente no! Ma bisogna saperla fare con cognizione di causa! E, soprattutto, bisogna stare attenti ai molti “pataccari” che, senza arte ne parte, vanno in giro promettendo non solo mari e monti ma anche, purtroppo, effetti miracolosi a livello terapeutico.

E come si può fare per evitare possibili e sgradevoli sorprese?

 Non è sempre facile né sicuro, è però possibile e, comunque consigliabile, ricercare terapeuti che siano autorizzati a fare questo tipo di lavoro e cioè medici o psicologi.

Torna su

Qualche nota conclusiva
Dedicata a quei lettori che ci hanno seguito sin qui e, dai quali, speriamo di essere riusciti a farci capire, contribuendo in tal modo, almeno un poco, ad accrescere le conoscenze in questo campo.
Vogliamo ancora una volta ribadire che l’ipnosi non può essere qualche cosa da esibire a livello spettacolare poiché in tal modo può anche produrre danni.
Premesso ciò possiamo sostenere che l’ipnosi, conosciuta per quanto possibile nelle sue manifestazioni e potenzialità, può essere utile, se utilizzata con cognizione di causa, in ambito terapeutico. È però importante che i potenziali pazienti si cautelino nei confronti della possibilità di incorrere in delusioni prodotte da incompetenza o imbroglio, rivolgendosi soltanto a professionisti abilitati (medici e psicologi) che abbiano appreso ed approfondito la conoscenza e la pratica della tecnica ipnotica presso Istituti qualificati. (tratto da IPNOSI, Riza Scienze, P. Parietti, nov. 2000)
Torna su